A volte arrogante, di sicuro un viveur, simpatico e spensierato, ma anche ambizioso e soprattutto sui generis: è Nicklas Bendtner di cui si parla e non poco negli ultimi tempi in Danimarca così come a Londra. Proprio nel suo Paese d’origine è stato eletto da un quotidiano il flop sportivo dell’anno, con tanto di cerimonia in cui però non si è presentato facendo comunque sapere “che apprezza il premio perché è il suo primo in carriera“. Istrionico e per niente conformista, quando due estati fa arrivò alla Juve all’ultimo secondo, si presentò a Torino con un maglioncino a collo alto tutt’altro che in tema con la stagione, ma soprattutto chiedendo la numero 10 appena lasciata da Del Piero; non fu accontentato, in campo poi mostrò limiti paurosi prima di un infortunio che decretò con sei mesi di anticipo la fine della sua avventura piemontese, almeno sul rettangolo verde perché cibo, donne e bella vita non sono mancate nel suo periodo riabilitativo. Così come le sbornie e la guida contro mano a Copenhagen, fino al ritorno a casa base, all’Arsenal, con Arsene Wenger che a sorpresa non vuole cederlo.
A posteriori una scelta che si è ritorta contro il gioielliere Bendtner: “Non era nei miei piani restare. Ero pronto ad andarmene e c’erano già tre club che aspettavano solo il mio si. Per questo quando Wenger mi ha chiamato sono rimasto estremamente contrariato“. Mini-iniezione di fiducia nelle intenzioni, di fatto il campo lo ha visto col contagocce e ora aspetta febbrilmente gennaio per fare le valige. Morten Olsen, ct della Danimarca, gli vuole bene come un figlio: “Contro l’Italia ha fatto due gol è vero, ma ha mostrato anche mancanze derivanti dal giocare con poca continuità. Deve trovare una nuova squadra in inverno, gliel’ho detto e glielo dirò ancora“. Radiomercato parla di interessamenti concreti di Hull City e Stoke City, Bendtner dal canto suo mette le cose in chiaro: “Voglio andare via, anche a gennaio e deciderò dove andare in base alla sfida che mi verrà proposta. Non mi importano i soldi e non saranno decisivi nella mia scelta. Gioco per amore del calcio, come facevo quando avevo quattro anni“.
Peli sulla lingua, questi sconosciuti, l’ex meteora juventina non si nasconde quando il sito danese politiken.dk gli chiede del suo futuro, lui ribadisce il concetto e spara alto, un po’ per sbruffoneria un po’ perché lui si crede davvero così forte:
“Per me è giocare la cosa più importante, voglio andare in club che mi garantisca di giocare ed essere felice, dove posso segnare e possibilmente vincere qualcosa. Non voglio stare in panchina a guardare gli altri giocare, voglio scendere in campo. Il Copenhagen? Potrei decidere di giocare in Superligaen al termine della mia carriera. Se potessi decidere, andrei al Real Madrid o al Barcellona”.
Perfetto stile bendtneriano, pur sempre un classe ’88, non giovanissimo, neanche sul viale del tramonto: a 25 anni può vantare 56 presenze e 24 gol con la maglia della Danimarca, i numeri sono pur sempre numeri. Come i tre figli, due con la nipote del creatore di James Bond, uno con una baronessa amica della famiglia reale. Lui ha sempre puntato in alto.
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